La Francia rischia di rinunciare alla democrazia linguistica nell’università

Se la proposta di legge della Ministra Fiorasio passasse al Senato, anche i giovani francesi sarebbero costretti spesso a rinunciare alla propria lingua all’università

In Francia, terra di storica tradizione di tutela della lingua nazionale, il Parlamento ha ceduto alla tendenza in atto in molti paesi europei di anglificare i corsi accademici. Il secondo articolo della legge di recente proposta dal Ministro Fioraso apre infatti alla possibilità di accettare, in condizioni “giustificate da necessità pedagogiche” (formula valida a salvare le apparenze, perché ciò significa “ogni volta che l’Università lo reputa opportuno”) eccezioni alla legge Toubon del 1994, che richiede esplicitamente di tenere corsi in lingua francese.

Vantando ispirazioni illuministiche di diffusione universale dei saperi, la legge Fioraso mira a incrementare il numero degli studenti stranieri iscritti presso gli atenei d’Oltralpe (dal 12% attuali al 15% entro il 2020). Però molte sono le proteste sollevate in ambito universitario all’applicazione di tale provvedimento, perché ci si rende conto che le eccezioni previste dalla legge altro non sono che un cavallo di Troia per l’anglificazione progressiva e pervasiva dell’insegnamento, cioè della trasmissione del sapere. Un domani, i rettori, con il pretesto della mancanza di fondi, chiuderanno i doppioni (cioè i corsi in francese) per tenere solo corsi in inglese.

L’Associazione Nitobe (https://www.nitobe.it) denuncia una politica linguistica che avrà probabilmente effetti discriminatori su chi vuole studiare nella propria lingua madre nel proprio paese, e che impoverirà la qualità dell’insegnamento nelle università francesi.

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